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Calamandrei, Piero.

Giurista, scrittore e uomo politico italiano. Nato da un'antica famiglia di giuristi fiorentini e cresciuto in un ambiente laico, cominciò presto a interessarsi di storia naturale e di letteratura, scrivendo poemetti e racconti e facendosi promotore di iniziative giornalistiche studentesche. Laureatosi all'università di Pisa, abbracciò l'avvocatura e si segnalò presto come saggista giuridico. Nel 1915, a soli ventisei anni, fu nominato professore straordinario all'università di Messina da cui passò poi a quella di Firenze come professore ordinario di Procedura civile. Interventista, partecipò come volontario alla prima guerra mondiale. Democratico convinto, vide immediatamente nel Fascismo il nemico da combattere, in nome di un radicalismo democratico che affondava le proprie radici nel Risorgimento. Interessato soprattutto al problema dei rapporti concreti che si stabiliscono all'interno di un regime, qualunque sia il sistema economico, non fece mai propria l'istanza marxista, per quanto non mancasse di assorbire quella parte di marxismo implicita nel pensiero politico contemporaneo. Membro dal 1946 del Consiglio nazionale forense e socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, fondò insieme con G. Chiovenda, che gli era stato maestro, e F. Carnelutti, la "Rivista di diritto processuale civile" di cui fu anche direttore. L'atteggiamento di C. nei confronti del lavoro di giurista fu caratterizzato da un costante anticonformismo. Dalla scuola di Chiovenda derivò l'accettazione dell'esperienza come fondamento indispensabile di ogni costruzione teorica; diffidava invece del dogmatismo quasi domenicano della costruzione di Carnelutti. Tra i fondatori del Partito d'Azione, fu membro della Consulta nazionale, della Costituente (memorabile la sua battaglia contro l'art. 7 della Costituzione contenente le norme sui rapporti tra Stato e Chiesa) e deputato alla Camera sino al 1953. Per quanto la Costituzione approvata non corrispondesse pienamente a quella da lui voluta e non mancasse di rilevarne il carattere di compromesso di fronte alle opposte tendenze, socialistiche e individualistiche, laiche e cattoliche, egli tuttavia si fece difensore di quella Costituzione, anche se essa attuava assai imperfettamente i suoi ideali politici, non soddisfaceva le sue esigenze di giurista e gli appariva inadeguata di fronte ai grandi problemi di uno Stato moderno. Un'importanza di primo piano rivestono i suoi studi costituzionali e memorabili restano le sue battaglie politiche affinché la Costituzione fosse completamente attuata, battaglie che egli condusse oltre che in Parlamento, sulle pagine del "Ponte", la rivista da lui fondata nel 1945 e di cui fu direttore. Dopo lo scioglimento del Partito d'Azione, aderì al Partito socialista unitario, poi fusosi col Partito dei Lavoratori nato dalla scissione di Palazzo Barberini e divenuto poi Partito socialdemocratico. Se ne dimise clamorosamente nel 1953 in segno di protesta per l'approvazione della legge elettorale maggioritaria (la famosa "legge truffa") e fondò il Movimento di Unità Popolare i cui voti, nelle elezioni del giugno 1953, furono determinanti per non far scattare la legge maggioritaria, che avrebbe danneggiato i partiti della sinistra. Scrittore di vasto respiro, fu autore di poesie e di racconti, di opere morali e di cultura varia. Molto vasta è la sua produzione giuridica. Tra le sue opere ricordiamo le monografie La chiamata in garanzia (1913), La cassazione civile (2 voll., 1920), Il procedimento monitorio nella legislazione italiana (1926); le Istituzioni di diritto processuale civile secondo il nuovo codice (2 voll. 1943); la raccolta di saggi Studi sul processo civile (5 voll. 1930-56); le testimonianze sulla guerra partigiana raccolte in Uomini e città della Resistenza (1955); le memorie autobiografiche Inventario della casa di campagna (1945) (Firenze 1889-1956).